La piega e l’ombra

Il Conservatoire Darius Milhaud, progettato dall’architetto giapponese Kengo Kuma ad Aix-en-Provence, è un edificio dalle caratteristiche monumentali, che adotta pannelli d’alluminio piegati per esaltare le variazioni dell’ombra sulla facciata lungo l’arco del giorno.

Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
Patria, oltre un secolo e mezzo fa, del post-impressionista Paul Cézanne e sede del suo studio, la città di Aix-en-Provence, nel dipartimento francese meridionale di Provence-Alpes-Côte d’Azur, unisce alla classica configurazione compatta della città medioevale l’atmosfera vivace di una città europea di medie dimensioni di oggi.
È stata anche scelta come sede della Fondation Vasarély, finanziata e progettata dallo stesso artista alla metà degli anni Settanta, e più di recente di altre icone dell’architettura, come il Pavillon Noir di Rudy Ricciotti, terminato nel 2006. La più recente tra le architetture importanti della città, proprio accanto all’edificio di Ricciotti, è il Conservatoire Darius Milhaud, progettato dall’architetto giapponese Kengo Kuma, designato attraverso un concorso.
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
La cultura giapponese e quella francese hanno vissuto un’intensa attrazione reciproca fin dal loro primo incontro, forse al tempo in cui – nel 1872 – la parola japonisme fu coniata dal critico e collezionista francese Philippe Burty per definire l’arte giapponese. Immediatamente dopo l’influsso della poesia di Baudelaire filtrava nella letteratura giapponese e quello dell’ukiyo-e (la xilografia giapponese) si rifletteva nell’opera di James Tissot e di impressionisti come Degas, van Gogh e Monet.
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
Di recente Kengo Kuma ha completato in Francia alcuni edifici tra cui il FRAC di Marsiglia e la Cité des Arts di Besançon, entrambi del 2012. E tuttavia la sua impostazione di questo progetto costituisce una risposta molto diversa alla realtà di una città come Aix-en-Provence, consistente in un edificio dalle caratteristiche molto più monumentali, che adotta nella facciata dei pannelli d’alluminio piegati per esaltare le variazioni dell’ombra sulla superficie lungo l’arco del giorno.
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
L’idea della piegatura ci ricorda il filosofo Gilles Deleuze che, anch’egli sotto l’influsso della tradizione giapponese, descrive il cosmo come un “universo origami”, che si piega e si dispiega senza fine su se stesso. Mentre nel caso del filosofo francese la si può intendere come una metafora, Kuma, con sottile sensibilità, interpreta invece l’idea di piega e di ombra come una tecnica raffinata. Lo abbiamo intervistato per approfondire il suo progetto di Aix-en-Provence.
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe

Rafael A. Balboa e Ilze Paklone: Il progetto è situato in un contesto molto ben definito, dove la tradizione medioevale e lo stile di vita medio europeo coesistono. Qual è stata la tua risposta a questa condizione urbana?

Kengo Kuma: Il sito rappresenta una specie di confine, di bordo della città vecchia di Aix-en-Provence. Il progetto si basa su una tipologia caratteristica della città vecchia: il contenitore traforato da finestre. Abbiamo ritenuto che questa tipologia progettuale fosse adeguata alla destinazione a conservatorio di musica, compresa la sala da concerto da 500 posti e vari altri servizi. D’altra parte l’edificio si affaccia sull’esterno della città. In risposta all’ambiente naturale che lo circonda abbiamo cercato di trovare le ragioni del progetto nella natura circostante. Le ho trovate nella Montagne Sainte-Victoire, il monte di Paul Cézanne. Il pittore viveva a Aix-en-Provence e ha lasciato parecchi dipinti che hanno per soggetto la Sainte-Victoire. Cézanne scopriva, nella ripetizione delle ombre delle increspature naturali del monte, dei ritmi e una geometria. Il progetto si ispira anche alle geometrie di Cézanne. Abbiamo anche pensato che il ritmo delle linee e il traforo delle finestre richiamassero le note musicali.

Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe

Rafael A. Balboa e Ilze Paklone: Il tuo studio lavora a livello internazionale e attualmente stai progettando molto, non solo in Giappone ma anche all’estero. Che differenza trovi quando affronti questo tipo di progetti, come in questo caso in Francia?

Kengo Kuma: In ogni progetto cerco di scoprire il senso del luogo. Non viene dalla città preesistente, che di per sé ripete i parallelepipedi degli edifici tradizionali. In ciascuna cultura cerco di scoprire le caratteristiche essenziali del luogo e degli edifici. In questo senso non siamo architetti tradizionali, che studiano solo la superficie degli edifici. Ad Aix-en-Provence la cosa più importante è l’ambiente. La Montagne Sainte-Victoire è probabilmente l’altura più bella della zona. L’essenza del luogo qui sta nella bellezza della luce e dell’ombra, e nel senso del ritmo. Qui abbiamo trovato anche uno stabilimento per la produzione dell’alluminio. L’alluminio è il materiale migliore per progettare un bell’effetto di luce ed ombra.

Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe

Rafael A. Balboa e Ilze Paklone: Nell’architettura tradizionale giapponese non esiste come in Europa una cultura del monumento. In questo caso leggiamo che l’edificio ha un’impostazione più monumentale di altri progetti. Alla luce del tuo manifesto dell’Anti-oggetto come collochi, a questo punto, il tuo metodo e la tua architettura?

Kengo Kuma: Forse in questo edificio si può trovare una certa monumentalità, ma contemporaneamente non si tratta di un monumento autonomo. Definisce il limite della città. In Giappone il ruolo dell’edificio è quello di una specie di confine, che delimita l’interno e l’esterno. Solo i templi e i santuari funzionano come monumenti. L’edificio come confine è un concetto profondamente giapponese. Il santuario di Ise è un esempio tipico di kairō (il corridoio coperto che segna il limite dell’area sacra del tempio buddhista), con tre livelli di kairō che definiscono lo spazio. La configurazione a L del nostro edificio definisce una corte e la protegge dalla città. L’edificio diventa una specie di confine, che definisce il luogo. È un esempio di kairō a forma di L.

Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe
Kengo Kuma and Associates, Conservatoire Darius Milhaud, Aix-en-Provence. Photo Roland Halbe

Rafael A. Balboa e Ilze Paklone: Tra la cultura giapponese e quella francese ci sono da lungo tempo reciproche attrazioni e risonanze. Da architetto giapponese che costruisce in Francia, quali concetti e quali valori giapponesi hai trasferito in questo edificio? C’è magari una particolare tecnica che hai voluto adottare?

Kengo Kuma: Protagonista di questo progetto è l’oscurità assoluta dell’ombra. La forma non è poi così importante. È una cosa molto giapponese. Per Junichiro Tanizaki (Libro d’ombra) l’ombra è l’elemento principale del progetto, e io ho progettato l’ombra. L’ombra poi invita le persone a entrare, dentro la sala da concerto. La cosa più difficile è stata piegare i pannelli d’alluminio spessi 4 millimetri. Abbiamo cercato di ridurre al minimo il giunto. Se il giunto si vede l’ombra non è più protagonista.

© riproduzione riservata
Kengo Kuma. Photo Kengo Kuma Laboratory
Kengo Kuma. Photo Kengo Kuma Laboratory

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