Traverso–Vighy: la rivincita dello zero

Giovanni Traverso e Paola Vighy sperimentano le qualità positive del vivere e lavorare a chilometri zero: il loro nuovo studio è una scatola lignea che, dal punto di vista energetico ma anche etico, produce più di quanto consuma.

Mi ritengo abbastanza fortunata: dalla finestra del mio ufficio vedo gli alberi. Sono invece un po' meno fortunata quando devo raggiungere il mio posto di lavoro: la tangenziale Ovest di Milano, di cui conosco ogni punto per anni di frequentazione e code, è un pantano che mi aspetta al varco quotidianamente. Così, quando ho visitato il nuovo studio che Giovanni Traverso e Paola Vighy si sono costruiti a Costabissara, sopra le colline di Vicenza, ho capito che, spesso, si tratta di mettere in pratica certe scelte.

In questo progetto, il numero zero – solitamente associato a fattori negativi (sei uno zero, vali uno zero...) – gioca un ruolo vincente: il nuovo atelier è a km zero, nel senso che circa dieci metri lo separano dalla casa in cui i due architetti vicentini abitano. Zero fatica, zero consumo di benzina, zero rumori della città, a favore di una migliore qualità della vita.

La rivincita del numero zero non si ferma qui, ma è un punto fermo del progetto. La struttura è a energia zero. Rispetta la normativa europea che sarà in vigore nel 2020 per tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione, in quanto è completamente alimentata da "energie territoriali: combustione della legna del bosco, energia solare, geotermia". Inoltre, è in grado di vendere alla rete elettrica il surplus prodotto dai pannelli fotovoltaici: circa 100 euro al mese, nel periodo invernale, permettendo così ai proprietari/progettisti di ripagarsi nel tempo l'installazione dell'impianto fotovoltaico. La costruzione, realizzata con il supporto del Dipartimento di Fisica Tecnica dell'Università di Padova, è sottoposta a un piano di monitoraggio, in modo da registrarne le perfomance energetiche e microclimatiche.
In apertura e sopra: il prospetto sud dell'edificio Tvzeb. Si accede allo studio tramite una passerella
In apertura e sopra: il prospetto sud dell'edificio Tvzeb. Si accede allo studio tramite una passerella
L'aspetto tecnologico sottintende una questione di metodo. Traverso e Vighy hanno optato per sistemi costruttivi a secco: necessitano un maggior impegno progettuale ma, in cantiere, richiedono all'architetto una presenza minima. Con una visione simile a quella del disegno industriale, l'edificio è diventato così un grande oggetto, i cui componenti sono stati prodotti da una rete di aziende locali, che operano nell'arco di una distanza di 70 chilometri da Costabissara.
L'atelier è una costruzione leggera composta da due elementi: una struttura in legno di larice lamellare – avvolta da una pelle di acciaio Corten e rialzata da terra tramite delle travi metalliche – , a cui si affianca un secondo volume ligneo. Quest'ultimo si smaterializza sul primo piano in un grigliato, sul quale sono posati dei pannelli fotovoltaici. I materiali costruttivi sono stati selezionati rispettando un principio di sostenibilità: o perché facilmente riciclabili o perché derivati da processi di riciclaggio. Un esempio su tutti: lo strato isolante è costituito da una lana di poliestere prodotta riciclando 40.000 bottiglie di plastica. La costruzione unisce passato e presente: all'expertise artigianale sono state abbinate lavorazioni guidate da macchine a controllo numerico, in modo da ottenere travi e pilastri perimetrali già perfettamente finiti per l'assemblaggio in cantiere. I tempi di montaggio? Ridotti ai minimi termini: circa quattro mesi di cantiere, scavi compresi.
L'architettura di Traverso e Vighy è legata a un'idea di reversibilità. Secondo i due progettisti vicentini, alla fine della sua vita, lo studio può essere smontato, i suoi materiali separati e riciclati, e il sito restituito al paesaggio in cui è inserito
I due volumi visti dal basso
I due volumi visti dal basso
La sua forma architettonica è lo strumento attraverso il quale l'edificio si 'autoalimenta' dal punto di vista illuminotecnico: è un "imbuto solare" che si affaccia verso sud e che, d'inverno, invita i raggi solari a penetrare al suo interno. D'estate, invece, la copertura in aggetto protegge lo spazio di lavoro dall'intensità delle radiazioni. La temperatura interna, in primavera e autunno, può essere regolata aprendo in modo automatico alcune aperture collegate a sensori.
Il volume in primo piano ospita una sala riunione dotata di una cucina
Il volume in primo piano ospita una sala riunione dotata di una cucina
Il metodo costruttivo, a sua volta, presuppone una certa visione: secondo gli architetti, il territorio è una risorsa finita e richiede rispetto. Gli edifici non devono essere elementi permanenti, ma possono anche essere reversibili: "Alla fine della sua vita, lo studio può essere smontato, i suoi materiali separati e riciclati, e il suo sito restituito al paesaggio in cui è inserito". Detto in una regione come il Veneto e in un Paese come l'Italia, in cui la permanenza e la solidità degli edifici sono anche sinonimo di sicurezza psicologica, suona piuttosto coraggioso.
La tessitura lignea sostiene una sequenza di pannelli fotovoltaici
La tessitura lignea sostiene una sequenza di pannelli fotovoltaici
L'anima tecnologica dell'edificio, comunque, sarebbe solo fine a se stessa, se non fosse accompagnata da una visione architettonica. Alla fine, per noi che di questo mestiere viviamo, contano anche le sensazioni che questo spazio comunica: l'atelier vive in sintonia con il paesaggio e con le persone che lo abitano. Alimentato, riscaldato e illuminato dalla luce naturale che penetra liberamente al suo interno, rispetta il ritmo circadiano dell'esistenza di tutti respirando naturalmente come fosse un essere vivente.
Durante la bella stagione, lo spazio sul primo piano diventa una sorta di soggiorno all'aperto
Durante la bella stagione, lo spazio sul primo piano diventa una sorta di soggiorno all'aperto
Giovanni Traverso, Paola Vighy: Tvzeb
Progetto: Giovanni Traverso, Paola Vighy
Collaboratori: Giovanni Traverso, Paola Vighy, Giulio Dalla Gassa, Elena Panza
Strutture: Loris Frison
Impianti: Lorenzo Barban, Marco Sabbatini
Area costruita: 190 mq
Costo: 350.000 euro
Fase progettuale: settembre 2010–luglio 2011
Costruzione: novembre 2011–luglio 2012

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