Un arcipelago di piccole architetture

Al largo della costa canadese del Newfoundland, c'è un'isola che vuole diventare un luogo privilegiato per la produzione dell'arte contemporanea.

A Fogo Island, Todd Saunders ha appena inaugurato il primo cabanon del Residency Program curato dalla Fogo Island Arts Corporation – Shorefast Arts Foundation.

L'isola di Fogo, con i suoi 2.700 abitanti, è situata a venti chilometri a nord-est dell'isola di Newfoundland, la vasta e poco popolata regione al limite orientale di una nazione poco abitata come il Canada. A seguito di un esperimento pionieristico che vi ebbe luogo nel 1967, l'isola è meglio conosciuta da antropologi e sociologi a causa del Fogo Process: un tentativo di usare la tecnologia di comunicazione come strumento nello sviluppo partecipativo comunitario. I suoi ideatori – Donald Snowden e Colin Low – hanno dimostrato come le tecniche di produzione cinematografica, basate su questo concetto, possano rappresentare un valido strumento per aiutare le comunità stesse ad affrontare le condizioni di disagio sociale legate all'isolamento, alla scarsità di infrastrutture e a un'economia compromessa dal progressivo indebolirsi dell'industria della pesca.

Per quanto possa apparire un candidato inusuale al titolo di "località pilota" per esperimenti di miglioramento delle condizioni sociali per mezzo dell'arte e dei media, oggi l'isola di Fogo è sede di un'altra sperimentazione sociale che, pur condividendo alcune delle caratteristiche di quel programma basato sull'uso dei film, impiega stavolta un medium molto differente. Nel 2001 – a trentaquattro anni di distanza dal Fogo Process – Zita Cobb, manager di un'importante società operante nel campo della tecnologia nonché originaria di Newfoundland, ha abbandonato il suo lavoro per lanciare una battaglia contro l'indigenza strisciante e lo spopolamento apparentemente inarrestabile di Fogo.

Rafforzati da una solida posizione economica, raggiunta grazie ad attività imprenditoriali, Zita Cobb e i suoi fratelli Tony e Alan hanno proposto un'idea molto semplice: applicare i medesimi principi dello sviluppo basato sugli investimenti a Fogo e alle sue comunità, nel tentativo di ricostruire l'economia trasformando l'isola in un epicentro rurale per una produzione artistica di livello internazionale. La creazione di una fondazione e le strutture architettoniche per un programma di residenza potrebbero attirare artisti famosi; la visibilità internazionale derivata dal programma potrebbe generare considerevoli entrate in dollari, legate a un afflusso turistico selezionato; il turismo, a sua volta, genererebbe occupazione e l'economia dell'isola conoscerebbe una decisa ripresa. Secondo la Cobb, si tratta di un processo di "imprenditoria sociale".

Dopo la fondazione della Fogo Island Arts Corporation, il primo passo è stato rappresentato dalla definizione di un piano di interventi. La decisione di optare per un piano generale piuttosto che per singoli progetti rappresenta una caratteristica chiave nella definizione degli obiettivi: la tipica rappresentazione di un centro d'arte – ovvero un edificio singolo, iconico, prevedibilmente monumentale – è stata scartata fin dall'inizio; al suo posto, sono stati identificati dei siti sparsi in tutta l'isola, ciascuno dei quali dovrà ospitare una porzione dei programmi del centro d'arte, permettendo all'Arts Corporation e ai sui ospiti residenti di collocarsi come una rete capillare, fittamente intrecciata con la vita quotidiana della comunità locale. Nel frattempo, un albergo a cinque stelle accoglierà l'arrivo di visitatori dalle tasche ben fornite.

Sul piano concettuale, il progetto è affine alla Potteries Thinkbelt di Cedric Price: propone un modello fluido, parzialmente indeterminato, nel quale i programmi artistici e culturali sono visti come strumenti per la rivitalizzazione di paesaggi segnati, in modo indelebile, dall'associazione con un'industria in declino. È stato chiaro fin dall'inizio che, per entrare in rapporto con un'ecologia sociale e geografica così fragile e severa come quella di Fogo, era indispensabile una particolare sensibilità architettonica, e Zita Cobb, insieme al suo team, ha percepito che di tale empatia doveva essere dotato Todd Saunders, un canadese che dal 1997 vive e lavora in Norvegia. L'incarico iniziale affidato all'architetto, oltre all'albergo, è stato progettare sei studi per artisti e scrittori, con dimensioni variabili da venti a centoventi metri quadri.

La prima di queste strutture, il Long Studio, è stata completata nel maggio 2010. Il sito presenta uno scenario spettacolare: un promontorio isolato, dove le onde provenienti dall'Atlantico si infrangono senza posa, abbattendosi contro enormi massi a pochi metri dal sito. Vie di collegamento non ce ne sono: una passeggiata di dieci minuti consente di raggiungere il punto in cui termina la strada più vicina, assicurando un isolamento completo, sia fisico sia mentale.

Nel progetto di Saunders, a questo isolamento è offerto ora un punto focale. Le proporzioni dello studio sono lineari e proiettano i suoi occupanti verso l'Atlantico attraverso un finestra inclinata e obliqua, che incornicia a tutta altezza l'orizzonte della spiaggia secondo la posizione dello spettatore all'interno dell'edificio. Nei primi tre studi, Saunders cita esempi delle tecniche costruttive locali: l'involucro in legno di pino che riprende le doghe di rivestimento delle outports, le case dei pescatori locali; l'assembramento di capanni nel porto di Newfoundland; le proporzioni dei volumi, particolarmente nel caso degli studi più piccoli. In un contesto di tale pronunciato isolamento, c'è il rischio che geometrie angolari come quelle del Long Studio possano apparire come gesti formali di una certa gratuità. Invece, la complessiva semplicità del concetto – un interno spoglio e privo di partizioni, affacciato sulla costa, con un terrazzo semiracchiuso e protetto dalla brezza marina, contenuto nella forma elementare di un parallelepipedo – si trasforma in un'entità architettonica tanto sobria quanto dinamica. Ardita, eppure non estranea alla natura circostante.


Long Studio, Joe Batt's Arm, Fogo Island, Canada
Architect: Saunders Architecture
Design team: Todd Saunders with Ryan Jørgensen, Attila Berés, Colin Hertberger, Cristina Maier, Olivier Bourgeois, Pål Storsveen
Associate Architects: Sheppard Case Architects
Structural engineering: DBA Consulting Engineers
Mechanical and electrical engineering: Core Engineering Inc.
On-site supervisor: Dave Torraville
Building contractor: Arthur Payne, Edward Waterman
Client: Shorefast Foundation, The Fogo Island Arts Corporation
Total footprint area: 211 sqm
Design phase: 2008 – 2009
Construction phase: 2009 – 2010
Il paesaggio guida Saunders nel suo progetto:
l’architettura diventa il luogo privilegiato per
osservare il passaggio delle stagioni,
lo strumento per “toccare l’immaginazione”
degli artisti e una geometria nitida in
opposizione all’irregolarità degli scogli.
In alto e pagina accanto: ampi pannelli
scorrevoli nascondono il bancone della cucina.
Gli artisti lavoreranno nei cabanon e abiteranno
in case tradizionali restaurate
Il paesaggio guida Saunders nel suo progetto: l’architettura diventa il luogo privilegiato per osservare il passaggio delle stagioni, lo strumento per “toccare l’immaginazione” degli artisti e una geometria nitida in opposizione all’irregolarità degli scogli. In alto e pagina accanto: ampi pannelli scorrevoli nascondono il bancone della cucina. Gli artisti lavoreranno nei cabanon e abiteranno in case tradizionali restaurate
Gli altri
padiglioni, in via di completamento
Gli altri padiglioni, in via di completamento

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