Karrabing Film Collective

È stato assegnato a The Karrabing Film Collective, una comunità indigena australiana, il 2015 Visible Award, il premio internazionale per l’arte partecipativa e le pratiche socialmente impegnate.

2015 Visible Award, The Karrabing Film Collective
L’edizione 2015 di Visible, il premio internazionale dedicato all’arte partecipativa e alle pratiche socialmente impegnate, curato da Matteo Lucchetti e Judith Wielander e realizzato in collaborazione con la Tate di Liverpool, ha assegnato il premio in denaro di 25.000 euro al progetto SALT di The Karrabing Film Collective.

Una giuria pubblica composta da esperti e appassionati, si è riunita lo scorso 31 ottobre nella sala del Consiglio Comunale di Liverpool e come in un vero e proprio parlamento, ha votato il vincitore valutando le proposte selezionate in una lista di nove finalisti. 

Quella che segue è un'intervista a Elisabeth A. Povinelli, fra le fondatrici del progetto vincitore e membro del collettivo The Karrabing Film Collective, una comunità indigena del nord dell’Australia.

Martina Angelotti: Hai appena ricevuto, insieme con il Karrabing Film Collective, il Visible Award 2015. Ho preso anche io parte alla giuria pubblica, nella sala del consiglio comunale di Liverpool e posso dirti che è stata un'esperienza molto interessante come modello di apprendimento collettivo. Eri presente alla diretta?

Elisabeth A. Povinelli: Poco prima dell’assemblea ero alla Comunità di Belyuen, sulle rive del Darwin Harbour, nel Territorio del Nord australiano, dove vive la maggior parte dei membri del Karrabing. Più che altro stavamo separando chi aveva un certificato di nascita da chi non l’aveva (requisito essenziale per richiedere il passaporto australiano) e stavamo anche progettando Toxic Sovereignties #4, Mudibandjirrk Dreaming per una mostra alla galleria e-flux di New York. Judith Wielander e Matteo Lucchetti avevano spedito il testo per la presentazione del Visible Award quella stessa settimana.

Dato che al momento ero l’unico membro del Karrabing che aveva il passaporto partii per Saskatoon, in Canada, il giorno prima dell’assemblea di Liverpool. e-flux e il Remai Modern proiettavano il nostro Windjarrameru, the Stealing C*nt$ dedicato all’incarcerazione degli indigeni e all’industria mineraria multinazionale nel Nord australiano. Durante il dibattito della riunione io mi trovavo a Saskatoon, dove gli appartenenti alle Prime Nazioni si trovano ad affrontare analoghe lotte contro la povertà, lo sfruttamento minerario e la perdurante appropriazione coloniale, intervenendo a tratti nello streaming e nella sintesi online, e informando sommariamente tramite Facebook gli altri membri del Karrabing. La comunità non possiede una rete Wi-Fi pubblica né altre reti telefoniche affidabili. Per captare il segnale ci si mette sulle terrazze esterne o sul tetto, oppure si collega il telefono alla zanzariera di una porta: “Non c’è campo” è un tema che ricorre spesso nel nostro lavoro cinematografico. Tutti vennero a sapere la bella notizia quando il giorno dopo telefonai.

The Karrabing Film Collective
Immagine di apertura: The Karrabing Film Collective, Wutharr, dietro le quinte. Qui sopra: The Karrabing Film Collective, installazione video
Concordo sul fatto che la discussione in assemblea fu molto efficace. Ho trovato parecchi passi del dialogo particolarmente centrati per il Karrabing, compresa la differenza tra i sedicenti “artisti” e l’arte, il rapporto a volte difficile tra estetica ed emergenze sociali, la questione di che cosa sia importante in quanto evento politico nel contesto sociale e nel Lebenswelt. Alcuni dei membri del Karrabing discendono da celebri performer e pittori, alcuni noti a livello locale e regionale, altri a livello nazionale e internazionale. Ma prima che il collettivo cinematografico iniziasse la sua attività nessuno del gruppo circolava in questo mondo. E alla maggior parte dei Karrabing, in questo momento, interessa non tanto fare arte quanto usare il cinema, i media e l’arte come strumenti per cambiare il mondo: come ha detto bene qualcuno nel corso del dibattito il cinema per il Karrabing è un’“impresa” per aprire uno spazio alternativo nell’attuale configurazione del potere costituito.
The Karrabing Film Collective, When Dogs Talked
The Karrabing Film Collective, When the Dogs Talked, dietro le quinte

Martina Angelotti: Che cosa provi ora e qual è stata la reazione del Karrabing dopo la comunicazione del verdetto del premio?

Elisabeth A. Povinelli: Ero a dodici ore di distanza dall’Australia. Al mio risveglio ho immediatamente telefonato ad alcuni degli altri membri anziani del collettivo: Sandra Yarrowin, Claude Holtze, Linda Yarrowin, Angelina Lewis e Rex Sing. Sandra ha pensato che la stessi prendendo in giro (i Karrabing si divertono molto a prendersi in giro a vicenda). Linda e Rex mi hanno detto di prendere subito l’aereo di ritorno per fare una gran festa. Poi la notizia si è sparsa rapidamente quando i più giovani si sono affrettati a dirlo a tutti su Facebook. Erano emozionati, ma la sensazione del premio doveva misurarsi con un recente suicidio e una serie di morti in famiglia, e i Karrabing, mentre realizzavano il cortometraggio per la presentazione del premio a New York, erano ancora vestiti a lutto. Lo dico per sottolineare che parte integrante della politica e dell’estetica dei film del Karrabing sono le continue interferenze che costituiscono la vita quotidiana.

L’aspettativa di vita dei Karrabing è di oltre dieci anni inferiore a quella degli australiani non indigeni, il reddito medio dei membri del Karrabing oscilla intorno ai 10.000 dollari australiani [circa 6.500 euro] e la popolazione indigena rappresenta il 3 per cento della popolazione nazionale ma il 28 per cento di quella carceraria. In questo contesto politica ed estetica non si possono separare (per esempio il banale problema degli ‘errori’ di continuità, certe incongruenze nell’abbigliamento, nelle auto, nei cellulari e perfino nei personaggi tra una scena e l’altra). Quelli che possono sembrare difetti estetici sono in realtà il registro estetico della vita indigena nel quadro del liberalismo degli insediamenti. Certi protagonisti delle prime scene oggi sono in prigione, e quindi abbiamo girato anche questo. Abbiamo inserito sequenze extradiegetiche ma riteniamo che consentire che delle incongruenze inevitabili facciano parte della sfera visiva sia più efficace.

Martina Angelotti: Approfondiamo il discorso sul progetto, che è molto complesso non solo in termini strutturali, ma anche rispetto alle emozioni, ai comportamenti e ai temi che cerca di delineare. Qual è stato il punto di partenza e come sei entrata in contatto con il Karrabing? Qual è il tuo ruolo nel collettivo, quali sono la sua composizione e la sua organizzazione?

Elisabeth A. Povinelli: I membri del Karrabing per la maggior parte sono nati e cresciuti nella Comunità di Belyuen. Io sono arrivata nel 1984 grazie a una borsa di studio Watson dopo la laurea in Filosofia negli Stati Uniti. Marjorie Knuckey, responsabile indigena del Centro femminile della comunità, mi chiese di collaborare a redigere le sue richieste di fondi. A quell’epoca la comunità era invischiata in una rivendicazione territoriale lunga e molto combattuta. La legge federale australiana impone che le comunità indigene che presentano rivendicazioni territoriali siano rappresentate da un avvocato e da un antropologo. Alla fine della mia borsa di studio gli anziani mi chiesero se volessi ritornare in qualità di loro antropologa. Perciò studiai antropologia all’università di Yale, facendo da allora la spola con Belyuen e dintorni da due a sei volte l’anno. Molti dei membri adulti del Karrabing quando ci andai per la prima volta avevano da sette a dodici anni. Insomma, siamo cresciuti insieme,. Ma non significa che abbiamo avuto lo stesso trattamento. Quale che sia il nostro reciproco affetto, il nostro viverci come famiglia, ragionare, festeggiare e portare il lutto insieme, lo Stato e il pubblico ci trattano in modo molto diverso.

The Karrabing Film Collective, Windjarrameru
The Karrabing Film Collective, Windjarrameru, avviso sui contenuti per adulti del film

Il Karrabing nel 1984 non esisteva, o esisteva solo in potenza.

Il Karrabing non è un luogo o un gruppo. La parola karrabing indica la condizione di bassa marea, in contrapposizione con karrakal, il culmine dell’alta marea. Ciò che esisteva nel 1984 era un gruppo di famiglie collegate tra loro internate nella Comunità di Belyuen negli anni Quaranta. Il governo australiano alla fine degli anni Settanta cambiò politica, passando dall’assimilazione degli indigeni alla cosiddetta “autodeterminazione degli indigeni”. Le rivendicazioni territoriali e la tutela del patrimonio culturale furono sbandierate come le chiavi di volta di una nuova epoca di giustizia sociale. Ma di fatto la legislazione sulla rivendicazione territoriale divideva le comunità indigene in base a teorie antropologiche sull’autenticità delle tradizioni invece che favorire i desideri e l’immaginario locali. Forse non c’è da sorprendersi se, quando nel 2007 morì l’ultimo degli anziani, a Belyuen scoppiò una rivolta. Il governo promise di costruire delle case nel loro territorio tradizionale, ma poi sopravvennero i provvedimenti noti come Intervention, attacco federale ai diritti degli indigeni sulla base di paure di natura sessuale, e furono abbandonati nella boscaglia.

The Karrabing Film Collective, Wutharr, behind the scenes
The Karrabing Film Collective, Wutharr, dietro le quinte
Una sera si discuteva di come ricostruire la loro vita in questa condizione di abbandono. Chi erano, come gruppo? Quale nome dovevano darsi? Nessuno voleva usare concetti antropologici di mediazione statale per dare un senso a se stesso: rifiutavano di dividersi in base a questa o quella tribù, a questo o quel territorio, a questo o a quel clan. Nessuno si ricorda di chi abbia avuto per primo l’idea di usare la parola karrabing. Ma – chiunque fosse – l’idea prese piede subito: era un’articolazione del panorama delle differenze concrete in un’unità che potenzialmente esisteva. La Karrabing Indigenous Corporation – il collettivo cinematografico è solo uno dei nostri progetti: abbiamo anche creato una serie di installazioni che accompagnano le proiezioni cinematografiche – ha stabilito che solo il 10 per cento del gruppo possa essere non indigeno e che i membri non indigeni debbano “dare il loro contributo con risorse concrete e assistenza”. Me compresa.
The Karrabing Film Collective, Wutharr, behind the scenes
The Karrabing Film Collective, Wutharr, dietro le quinte

Martina Angelotti: Nella presentazione video che il Karrabing Film Collective ha realizzato per il Visible Award ho notato l’uso del ‘realismo improvvisativo’, termine perfetto per definire con precisione il vostro modo di lavorare. Credo che i vostri film possano essere considerati più come una forma di re-messa in scena della realtà, che una scelta non-documentaristica. E la definizione stessa mi fa venire in mente una dimensione ‘E la definizione stessa, mi rimanda alla parola composta “factional”, un mix fra fiction e fact, un insieme di narrativa e di realtà. Come intendete il realismo improvvisativo? E di che genere di ‘realismo’ stiamo parlando?

Elisabeth A. Povinelli: “Factional” mi piace. Realismo è un termine dell’arte. Anche in un’impostazione strettamente documentaristica il desiderio di esprimere la realtà senza mediazioni, sia attraverso i filmati autentici di un evento sia attraverso una rappresentazione veritiera, è mediato dall’inquadratura, dal montaggio, dalla colonna sonora, dalla proiezione e così via. Perciò realismo improvvisativo non significa rappresentare la realtà senza mediazione, per i Karrabing come per qualunque altro gruppo creativo.

È un’estetica che consegue dalle strategie di vita quotidiana nel liberalismo degli insediamenti, dove si verifica un ampio dislivello tra le risorse di cui si dispone e quel che occorre realizzare con esse, e dove non c’è praticamente distinzione tra le molteplici realtà che costituiscono la vita quotidiana. La trama dei film in genere viene elaborata prima dell’inizio delle riprese, ma i dialoghi e la suddivisione delle scene sono improvvisati mentre si gira. Qualche volta cambia anche la trama.

Ma l’improvvisazione non si limita a un puro stile performativo. È anche l’articolazione da uno stile d’arte a uno stile di vita. Uno dei motivi per cui stiamo girando Wutharr con i cellulari è la possibilità di intervenire sul tipico calendario di produzione per vedere se i naturali limiti di durata ristretti di questi telefoni, insieme con una limitata attrezzatura sonora, si articolano con la natura dal vivo del realismo improvvisativo.

The Karrabing Film Collective, Wutharr, behind the scenes
The Karrabing Film Collective, Wutharr, dietro le quinte

Martina Angelotti: Passiamo al concetto di ‘fare cinema’. Come lavora insieme il gruppo dei Karrabing e in che modo scelgono le storie da rimettere in scena per raccontare cosa significa esser indigeni oggi? Il loro modo di lavorare può essere concepito come una prassi di reciproca conoscenza nel mettere in scena la propria vita?

Elisabeth A. Povinelli: Karrabing non lavora su un modello insieme/diviso, reciproco/separato, ma insieme e diviso, reciproco e distinto. Di fatto le discussioni su quale sia il modo migliore e più bello di fare le cose sono il segno della costante importanza che questi aspetti rivestono per i Karrabing. Le persone discutono perché sono interessate al risultato, ma non si abbandonano perché hanno preso strade diverse.

Credo che il modo di creare le narrazioni sia un riflesso di questa caratteristica. Qualcuno del gruppo suggerisce una trama semplicissima. Col tempo, se l’idea è convincente, altri aggiungono personaggi e risvolti narrativi finché si delinea l’arco del film. Alcune di queste conversazioni si svolgono in riunioni ufficiali ma per lo più la composizione della narrazione viene fatta sotto i portici delle case o per la strada, o in drogheria. I luoghi delle riprese vengono selezionati ma, dato che tutti conoscono il territorio a menadito, le scenografie già organizzano in modo sostanziale la trama. Io ho l’incarico di mettere insieme la troupe o, in questo caso, gli iPhone 6S.

E ciascuno decide che parte vuol recitare.

The Karrabing Film Collective, Asbestos sign
The Karrabing Film Collective, Segnale di pericolo per l'asbesto
All’inizio i membri del Karrabing volevano concentrarsi sulla recitazione e far partecipare al processo filmmaker e professionisti del cinema. Io chiesi alla mia amica Liza Johnson di partecipare alla sceneggiatura insieme con il collettivo e di collaborare alla regia del nostro primo film, Karrabing: Lo Tide Turning. Per When the Dog’s Talked avevo l’incarico della regia e poi quello di curare il montaggio con un bravo montatore, David Barker, che poi tornò a Belyuen per il nostro secondo lavoro importante, Windjarrameru, The Stealing C*nt$. Per When the Dogs Talked e Windjarrameru abbiamo anche lavorato con Ian Jones. Stiamo facendo degli esperimenti con le collaborazioni, viste come spazio per dar forma a una prestazione etica ed estetica.

Martina Angelotti: Come pensate di investire i soldi del premio che avete vinto?

Elisabeth A. Povinelli: Terremo una riunione per discutere dell’argomento. Tutti vogliono che il denaro serva a realizzare infrastrutture materiali che contribuiscano a consolidare la prospettiva del Karrabing. Tra le proposte ci sono la realizzazione di una postazione decentrata, la riparazione dell’imbarcazione del gruppo, e i passaporti e i viaggi per assistere alle proiezioni internazionali.

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