Fondato a Torino nel 2009 da Dario Olivero e Stefano Ollino, DORODESIGN è uno di quegli studi di giovani progettisti che sono venuti a conoscenza di Natevo tramite Twitter e Facebook e non attraverso le fonti ufficiali dell’azienda e del loro sito web: “Facevamo una ricerca per parole chiave, ci siamo imbattuti in questo progetto e abbiamo visto che si parlava di crowdfunding. È stata una sorpresa scoprire che si trattava di una grande azienda italiana. E ci siamo anche spaventati un po’ perché, guardando il catalogo e vedendo nomi come Carlo Colombo, abbiamo pensato: alle solite, qui c’è l’élite!”.
E questa può essere la prima, forse consueta barriera psicologica nei confronti di un grande brand e di ciò che abitualmente gli gravita intorno. Salvo accorgersi che, invece, quella formula prometteva tutt’altro tipo di apertura: “Ci siamo resi conto che potevamo facilmente avvicinarli, nonostante fossimo ‘emergenti’”.
Olivero e Ollino si sono formati presso lo IED di Torino, studiando design del prodotto, car design, ma con una passione per l’architettura – “io sono geometra”, dice Olivero – che li spinge verso l’ambiente domestico.
Come molti degli appartenenti a una generazione culturalmente globalizzata fin dalla nascita, alla domanda: “Avete maestri di riferimento con i quali riconoscervi?”, rispondono: “Se diciamo di no, è grave”? Certo che no, d’altra parte anche Mendini suole rispondere così, al massimo citando il Futurismo italiano assieme ad altri dilatati riferimenti (e così abbiamo legittimato quella risposta, per paradosso, proprio attraverso un maestro riconosciuto).
Fatto sta che i riferimenti, più che seguire le gerarchie della storia, sono trasversali e sostanzialmente immersi nell’eterno presente della Rete. “Siamo nel mondo della globalizzazione, Internet ci consente di ottenere informazioni con facilità, seguendo blog, leggendo molto, ci piace farci contaminare da più parti: da un architetto oggi come da una scarpa da ginnastica domani…”. E il tutto confluisce nel loro taccuino d'appunti virtuale – cioè il blog dorodesign.wordpress.com.
E infine veniamo al progetto: “In realtà l’avevamo già nel cassetto, ovviamente solo come concept ‘su carta’, alcuni schizzi, bozze 3D, ma da subito volevamo unire un appendiabiti, un vano per le scarpe e un portaombrelli. Per Natevo l’abbiamo affinato, rispetto alle richieste di concorso, aggiungendo la luce alle estremità di questi rametti”.
Una luce piena a riposo, che scompare progressivamente con l’uso, sotto i cappelli e i cappotti.
“È vero, Lucciola è pensato anche come un segnale, un piccolo faro che ti orienta nello spazio in alcuni momenti di passaggio, di buio o di penombra, della giornata. È un po’ come le lucette dei bambini per farli addormentare. Quando non lo utilizzi, illumina e ti attrae, quando lo usi, di fatto copri la fonte luminosa ma non ti serve già più, avendo svolto la sua funzione… e passi ad altro”.
E ora l’altro, per DORODESIGN, è il passaggio di Lucciola al crowdfunding, mentre Natevo continua a farsi portatore sano del suo ‘virus’ luminoso, tra noti, meno noti e, anche (si spera), eccellenti sconosciuti.