The Present in Drag

La nona edizione della Biennale di Berlino curata da DIS ambisce ad aprirsi a un pubblico “accidentale” di cittadini e turisti che ogni giorno affollano i quartieri centrali della città.

The Present in Drag. 9th Berlin Biennale for Contemporary Art,Alexandra Pirici
#unghiesmaltate, #schermipiatti e #verdipiante. Un dizionario che ricodifichi la visione della 9° Biennale di Berlino curata da DIS, potrebbe servirsi di questi hashtag; ma anche di interior design, corpo-scultura, digitale e spirituale, yoga, tappetini da yoga, droni, hip hop, alta definizione.
La Biennale di Berlino, dal titolo The Present in drag, è l'esplosione di un’ulteriore piattaforma in quarta dimensione, rispetto al più conosciuto magazine online su cui il collettivo DIS coltiva la propria poetica. Mostre dentro mostre, performance su performance, tracce sonore raccolte su vinile in copie limitate, progetti on line e campagne social perfettamente elaborate, mettono a dura prova l’”ansia del presente”, sottomesso all’accelerazionismo tecnologico, o meglio ancora la “paura del contenuto”. (Fear of Content è il titolo di una sezione on-line della Biennale.)
The Present in Drag. 9th Berlin Biennale for Contemporary Art, Hito Steyerl
The Present in Drag. 9th Berlin Biennale for Contemporary Art. In apertura: Alexandra Pirici, Signals, 2016, installation view. Qui sopra: Hito Steyerl, installation view
Tale contenuto si snoda attorno a quattro luoghi principali della città. Uno di questi è l’Akademie der Kunst, che diventa lo scenario più appropriato, dove le vetrate specchianti riflettono e amplificano l’effetto lubrificato dell’estetica DIS. L’Accademia si trova a pochi passi di distanza dalla Porta di Brandeburgo, cuore del centro turistico, ma anche della sede dell’Allianz Stiftungsforum, della DZ Bank, dell’Ambasciata Americana e di quella di Francia. Nell’atrio principale dell’Accademia, grandi light box promuovono, sotto forma di campagna pubblicitaria, immagini selezionate frutto di SUPREM(E): una collaborazione fra la casa editrice americana SEMIOTEXT(E) e il brand di moda giovanile SUPREM. I love Dick, ricamato sul piumino rosso di un uomo di spalle, cita il titolo del libro di Kris Kraus del 1996.
La grande famiglia degli artisti di DIS si aggira fra i piani dell’architettura, spesso camuffata dietro stratagemmi presi in prestito dalla pubblicità o dietro tentativi ironici di sovversione e travestimento. Il trionfo del liberismo emerge non solo dalla scelta di rappresentare l’immagine coordinata della biennale come quella di una banca o di una qualunque multinazionale finanziaria (ma meglio realizzata), ma anche all’interno di alcuni percorsi critici dei lavori in mostra. È il caso ad esempio di Christopher Kulendran Thomas, artista di Londra, figlio di famiglia srilankese, che propone New Eelam, un video realizzato in stile promozionale, che prende spunto dalle aspirazioni mai esaudite di Eelam, dove nacque l’organizzazione militante indipendentista Tiger Talim Eelam, sconfitta dall’esercito di Sri Lanka nel 2009. Il video propone uno schema pensato come alternativa ai conflitti ideologici ed etnici in Sri Lanka, che ridistribuisce alloggi di lusso per una società senza nazione, in una realtà post marxista, post nazionalista, post privata, attraverso un modello di sottoscrizione di proprietà condivisa.
The Present in Drag. 9th Berlin Biennale for Contemporary Art. Wu Tsang
The Present in Drag. 9th Berlin Biennale for Contemporary Art. Wu Tsang, installation view

Post è il prefisso che fa da intro a questo grande mondo post contemporaneo. Un mondo apparentemente tutto uguale, assuefatto dalle logiche del mercato, che non mostra sbandamenti, ma è ugualmente reversibile e dannatamente ironico. Sul balcone che affaccia su Pariser Platz, al viaggio virtuale di Jon Rafman si uniscono una serie di sculture in marmo, ibride creature che si assemblano e mescolano mangiandosi l’un l’altra: iguana versus bradipo, cane versus leone. È dura la legge della jungla.

I droni volano dappertutto, Berlino è controllata a vista. ExtraSpaceCraft (2016) un video docu-fiction di Hito Steyerl ambientato su una collina a nord dell’Iraq, dove un Osservatorio Nazionale è intento a manovrare tre droni pilota che sorvolano la regione del Kurdistan iracheno. La torre di controllo diviene il set di un’agenzia spaziale, che Hito Steyerl usa sapientemente come soggetto per evocare la dimensione virtuale sovrapposta alle realtà di territori parastatali e a zone oggetto di controllo anti-terroristico.

The Present in Drag. 9th Berlin Biennale for Contemporary Art. Cécile B. Evans, installation view
The Present in Drag. 9th Berlin Biennale for Contemporary Art. Cécile B. Evans, installation view
Simon Fujwara, rende omaggio alla città di Berlino con l’aiuto del fratello Daniel, fondatore di Simetrica, un ente di ricerca che usa l’economia e altre discipline per misurare la felicità, al fine di comprendere l’impatto della politica sul benessere sociale. Una delle installazioni più curiose a dispetto delle perplessità suscitate dalla presenza all’ingresso, di un uomo palestrato con una divisa da stuart dipinta sul corpo (palestra, ecco la parola che mancava al dizionario). In realtà è anche lui un pezzo dell’installazione The Happy Museum (2016) una collezione di opere, oggetti, annunci pubblicitari, video e performance che esplorano espressioni di felicità materiale della Germania del 21esimo secolo, come se la nazione non fosse stata mai così tanto felice come oggi. Inoltre, studi di Simetrica dichiarano che il livello di soddisfazione provocato dall’esperienza culturale è maggiore se esperito da soli. Andare alle mostre da soli, sembra essere una nuova forma di individualismo post - comunitario che non so quanto mi renda serena. Ballare invece, ci rende felici come ricevere 2.073,25 euro di aumento in busta paga.
The Present in Drag. 9th Berlin Biennale for Contemporary Art. Simon Fujiwara
The Present in Drag. 9th Berlin Biennale for Contemporary Art. Simon Fujiwara, installation view

Se smascherare il presente significa cercarvi l’arcano segreto, The Present in Drag scrive DIS – guarda al contrario alle sue molteplici sfaccettature e implicazioni. Il presente di DIS è un tempo non lineare che si pone in una relazione speculare al passato. Guarda al post inglobando già il futuro.

Nella sua accezione più letterale, il presente futuro si manifesta al KW in una selezione di opere allestite in un ambiente più arioso, dove ogni stanza o quasi, accoglie il lavoro di un artista. Lo spazio vibra di immagini in movimento. Wu Tsang, senza tradire l’approccio antropologico che caratterizza parte della sua ricerca, guarda al mito e alla cultura rivoluzionaria cinese di fine Ottocento attraverso il reenactment della biografia di Qiu Jin, rivoluzionaria comunista e icona lesbo.

Cecile B. Evans esplode in una dimensione acquatica la sua ricerca sull’uso e l’abuso della tecnologia, cercando di rispondere al quesito attraverso What the heart wants (2016) che indaga un futuro ipertecnologico in cui l’essere umano tenta di riposizionarsi. Ma Drake continua a suonare call me on my cell phone. 


Alexandra Pirici ci chiude in una scatola nera dove un gruppo di performer traduce in azione gli algoritmi generati dai flussi di dati negli scroll di facebook e google: da eventi politici, a meme ultra pop, dai selfie dell’ISIS alle notizie dell’ultim’ora su Justin Bieber.

Tecnologia uber alles. Soprattutto alla European School of Management and Technology dove Simon Denny ha trovato, come sempre, la casa perfetta per Blockchain Visionaries (2016). Un progetto impostato sullo studio di tre società di investimento internazionali, la cui attività ruota attorno alla tecnologia BitCoin, che sfrutta la crittografia per gestire gli aspetti funzionali come la generazione di una nuova moneta.

Il paradosso vuole che la ex sede del consiglio di stato della DDR oggi formi i futuri amministratori delegati. Le carriere del futuro dell’economia mondiale, si costruiscono fra i murales che raffigurano la storia dei movimenti operai tedeschi e le sale riunioni affrescate dai simboli del benessere industriale.

Adriano Costa, Post Internet I went to sleep, 2016, Supportico Lopez, Berlino
Adriano Costa, Post Internet I went to sleep, 2016, Supportico Lopez, Berlino

Oltre al bunker della Feuerle Collection, l’ultimo luogo della Biennale è a bordo di una barca, decorata dagli artisti Korakrit Arunanondchai e Alex Gvojic, che prosegue il suo normale tour, ospitando di volta in volta performance e interventi nomadi lungo il corso dello Spree.

Uno degli intenti espressi da DIS per questa Biennale, è quello di aprirsi a un pubblico “accidentale” di cittadini e turisti che ogni giorno affollano i quartieri centrali della città. Mi chiedo perché mai questo pubblico dovrebbe accidentalmente riconoscersi nei messaggi della Biennale, e sentirsi più intelligente nel comprendere l’ironia dell’arte post contemporanea, solo perché veicolata attraverso un linguaggio universalmente codificato secondo lo schema capitalistico della comunicazione a effetto.

Del resto, Adriano Costa, contemporaneamente in mostra a Supportico Lopez, ha previsto un finale per questa parabola, dipingendo una scritta su una felpa appesa al muro come un quadro: Post Internet I went to sleep. Anche io.

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