Best of 2015 #arte

Dai totem di Richard Serra nel deserto del Qatar ai cerchi del ponte di Eliasson in Danimarca, dalla voragine d’acqua di Anish Kapoor alle musiche per la Siria, ecco le migliori storie d’arte di quest’anno.

Nella nostra selezione delle migliori storie d’arte di quest’anno dieci installazioni, mostre e progetti provocatori.

– Nella sua più grande opera di arte pubblica, Richard Serra ha sagomato e interpretato il paesaggio desertico di Zekreet, in Qatar, attraverso quattro grandi strutture in acciaio.

– I cerchi del ponte di Olafur Eliasson – inaugurato a Copenhagen – portano le persone più vicino all’acqua e le incoraggiano a rallentare e a prendersi una pausa.

– Al PAC un dialogo tra i progetti di Superstudio e le opere di 19 artisti contemporanei instaura connessioni e relazioni tra la ricerca del gruppo fiorentino e la cultura contemporanea.

– Parte del villaggio artistico The Good, the Bad and the Ugly, ideato da Atelier Van Lieshout per la Ruhrtriennale, Domestikator simboleggia il potere dell’umanità sul mondo.

Otto fotografi per sette Expo: a meno di una settimana dalla conclusione dell’edizione milanese una mostra racconta l’eredità urbana e ambientale lasciata da sette Expo.

– Il corposo volume di Matt Zoller Seitz è una sorta di tesi semiseria strutturata in tre atti, ognuno dei quali si sviluppa intorno a un’intervista lunga e approfondita al regista Wes Anderson.

– L’Appartamento 50 è la terza tappa del progetto di Cristian Chironi, in cui trasforma le case di Le Corbusier in “punti di vista privilegiati” per capire come viene percepito oggi.

– Alla Galleria Continua di San Gimignano, le opere del grande artista anglo-indiano Anish Kapoor evocano contemporaneamente un ventaglio d’immagini opposte tra loro, come l’imminente arrivo di un cataclisma e, allo stesso tempo, il richiamo di una balena che vuole avvicinare a sé i propri piccoli.

– Nel Padiglione USA alla Biennale di Venezia, They Come to Us without a Word, di Joan Jonas è un’unica grande opera che ha il merito di essere poeticamente politica.

– Da una residenza da Fabrica del musicista siriano Alaa Arsheed nasce un album che racconta la Siria, i suoi profumi, il coraggio del suo popolo esodato e si chiude con un moto di speranza.

In apertura: Matt Zoller Seitz, The Grand Budapest Hotel, Abrams Books, New York 2015.

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