Il silenzio è d’oro

Il lavoro di Abraham Cruzvillegas alla Tate Modern e quello di Edmund de Waal alla Royal Academy of Arts sono un importante richiamo alla possibilità di osservare in silenzio.

Il compito di affrontare il sublime della ex sala turbine alla Tate Modern Gallery è toccato quest’anno ad Abraham Cruzvillegas. L’artista messicano ha progettato due piattaforme a pianta triangolare disposte simmetricamente sui due lati del corpo scale, che costituisce l’unico elemento capace (e col coraggio) di interporsi tra lo sguardo e il grande vuoto della sala. Le due piattaforme hanno una sezione trasversale a gradoni e sono sollevate su una struttura di tubolari metallici che si appoggia sul pavimento di cemento tramite una serie di pilastrate a pianta quadrata, disposte secondo un passo regolare.
Abraham Cruzvillegas: Empty Lot
Hyundai Commission 2015. Abraham Cruzvillegas: Empty Lot. © Abraham Cruzvillegas. Photo Andrew Dunkley © Tate 2015
Sopra le due piattaforme, realizzate con un tavolato di legno che concorre all’immagine generale propria di un’impalcatura da cantiere, sono dislocate 240 vasche di legno, anch’esse di pianta triangolare e disposte in maniera alternata tale che due triangoli contigui costituiscano un parallelogramma. Ciascuna vasca è riempita di terra proveniente da parchi e giardini di Londra. Completa l’installazione un doppio sistema di illuminazione. Una luce tenue proviene da alcune lampade disposte senza un ordine preciso tra le vasche di terra, e realizzate con materiali di risulta raccolti in cantieri intorno al museo. Poi, distribuiti con passo regolare lungo il perimetro delle due piattaforme triangolari, una serie di riflettori di maggiore potenza luminosa sembra segnalare la scena di un evento in corso di svolgimento. Invece, nulla accade.
Abraham Cruzvillegas: Empty Lot
Hyundai Commission 2015. Abraham Cruzvillegas: Empty Lot. © Abraham Cruzvillegas. Photo Andrew Dunkley © Tate 2015

La terra sottratta ai giardini londinesi è probabilmente portatrice di qualche tipo di forma di vita – sementi, radici o larve che, forse, si evolveranno. O forse no. A un pubblico sempre più in attesa di eventi con cui poter interagire, le vasche dell’Empty Lot di Cruzvillegas possono al massimo offrire la speranza di un evento che è molto probabile non accadrà mai. Non, almeno, durante il breve lasso di tempo in cui l’opera rimarrà installata sulla riva sud del Tamigi.   

Al silenzio della grande sala si sovrappone il silenzio dello spazio non-evento. È questa un’affermazione di sottomissione allo spazio sacro voluto da Herzog & de Meuron – il chiostro del monastero-Tate? La risposta è meno immediata di ciò che potrebbe apparire e il doppio gioco di Empty Lot inizia a farsi più chiaro quando si osserva l’altra faccia di Giano. La scelta di ancorarsi al corpo scale al centro della sala scinde un sopra da un sotto. Sopra, un paesaggio arido, da osservare come da un belvedere, mai raggiungibile. Una riaffermazione del sublime della grande sala, la possibilità della cattura dell’infinito che si consuma solo negli occhi. Sotto, l’annichilimento del sublime, l’affermazione di uno spazio senza qualità – non uno spazio da esplorare, come invece affermato nella brochure ufficiale e quasi a indicare l’impossibilità di concepire, in quel luogo, la passività dello spettatore.

Abraham Cruzvillegas: Empty Lot
Hyundai Commission 2015. Abraham Cruzvillegas: Empty Lot. © Abraham Cruzvillegas. Photo Andrew Dunkley © Tate 2015
Un luogo in cui risuona la memoria degli scivoli creati da Matthew Pillsbury nel 2007, manifesto sperato di un’arte partecipata, di un’esperienza quanto più letterale. Un luogo che mostra la cicatrice della grande crepa scavata nel pavimento di cemento da Doris Salcedo, esaltazione del gigantismo di uno spazio che, previsto o meno nella mente dell’artista, non si esimeva a un rapporto di fisicità diretta col visitatore – registrata in maniera esilarante nelle fratture di chi nella crepa d’artista, con incontenibile desiderio di interattività, riuscì a caderci.
Il lavoro di Cruzvillegas è un importante richiamo alla possibilità di osservare, osservare in silenzio. Forse ci si dovrebbe aspettare qualcosa in più da un’installazione di dimensioni tali da superare il campo dell’arte ed entrare in quello dell’architettura – arte dello spazio costruito, necessariamente da esperire? Aggiungendo – sopra – uno spazio promesso, visibile ma non raggiungibile, e sottraendone – sotto – un altro che difficilmente si può provare il desiderio di attraversare, Empty Lot raggiunge, in ultima istanza, la fusione finale tra l’opera d’arte e lo spazio architettonico, consumandola nel silenzio del sublime. 
Abraham Cruzvillegas: Empty Lot
Hyundai Commission 2015. Abraham Cruzvillegas: Empty Lot. © Abraham Cruzvillegas. Photo Andrew Dunkley © Tate 2015

“White can be erasure. It can be addition.” Nelle parole di Edmund de Waal, commento di una sua esposizione attualmente allestita alla Royal Academy of Arts, è riassunto un desiderio di reclamare la capacità espressiva del silenzio.

White è la magistrale ostentazione di un’ossessione personale. Il lavoro di de Waal è la rivendicazione della non banalità del fatto bianco, presentato come condizione necessaria al modo in cui l’uomo si relaziona fisicamente e psichicamente alla realtà.

Edmund De Waal
Johann Friedrich Bottger, Tazza con due manici, Meissen, Germany, c. 1720. Porcelana. Tazza: 8,3 x 9,5 x 7,5 cm. Collezione di Edmund de Waal. Photo Ian Skelton
La mostra è una collezione di oggetti bianchi scelti dall’artista e presi in prestito da epoche, luoghi e autori quanto più distanti possibili che includono una stele del I secolo A.C. proveniente dall’Arabia Saudita, la tavolozza di JMW Turner, lo spartito di 4:33” di John Cage, un disegno di Kazimir Malevich del 1919, e alcuni degli oggetti in porcellana (bianca) prodotti dallo stesso de Waal.
Edmund de Waal
Attribuito a Sawaki Rizo Masatoshi, Il coniglio con gli occhi di ambra. Firmato Masatoshi, Osaka, Giappone, c. 1880. Collezione di Edmund de Waal. Photo Michael Harvey
Preferendo al silenzio assoluto di una white cube gallery, che tenta di evitare ingerenze non gradite dello spazio nell’opera d’arte, il silenzio chiassoso di uno spazio-archivio trabordante di oggetti portatori di informazione (la biblioteca e la Print Room in cui è allestita la mostra), de Waal compie una scelta apparentemente opposta alla sovrapposizione di silenzi assoluti che ha luogo nella sala delle turbine. Tuttavia, il fine è lo stesso.
“Se un bel tacere non fu mai scritto restiamo zitti noi e lasciam parlare i fatti” recitava una canzone italiana. La Tate e la Royal Academy of Arts offrono ora, per poche settimane, due esempi di scrittura di un bel tacere. Quieti in attesa della prossima tempesta.
© riproduzione riservata

fino al 3 aprile 2016
Hyundai Commission 2015
Abraham Cruzvillegas: Empty Lot

Tate Modern, Turbine Hall, Londra

fino al 3 gennaio 2016
White, a project by Edmund de Waal
Royal Academy of Arts, Londra

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