101 Spring Street

La casa-studio di Donald Judd a New York, ora aperta al pubblico, conserva il tratto di un ambiente originale ed è considerata un contesto cruciale per il lavoro dell’artista, che qui iniziò a creare oggetti inseriti nello spazio che lo circondava e che vi ha abitato dal 1968 fino alla scomparsa.

Quando, nel 1968, Donald Judd si trasferì al numero 101 di Spring Street, a SoHo, il quartiere era semiabbandonato e in trasformazione. Spazi industriali da poco dismessi da aziende manifatturiere venivano occupati da artisti, mentre alcune fabbriche continuavano a sbuffare, tanto che per lo più la zona veniva considerata troppo sporca e rumorosa per abitarci.
Judd fu attratto dalla facciata di ghisa dell’edificio, tipica della zona, che sarebbe stata ribattezzata dagli immobiliaristi e dagli urbanisti “quartiere della ghisa”. Le ampie finestre della facciata incorniciavano i particolari della strada sottostante, mentre la loro griglia regolare presto avrebbe ispirato i misurati volumi delle opere d’arte che Judd vi creava e vi esponeva.
101 Spring Street
In apertura: 101 Spring Street, New York, 5° piano, 2013. Photo Joshua White. Donald Judd Art © Judd Foundation. Licenza VAGA, New York. Dan Flavin © Stephen Flavin/Artists Rights Society (ARS), New York. Qui sopra: 101 Spring Street, New York, 4° piano, 2003. Photo Rainer Judd. Judd Foundation Archives. Imamgine © Judd Foundation. Donald Judd Furniture™© Judd Foundation
Nel momento in cui la Judd Foundation apre le porte di Spring Street al pubblico, dopo tre anni e 23 milioni di dollari di accurati restauri, il ciclo della trasformazione di SoHo in quartiere borghese è completo. Oggi Spring Street ospita showroom di design, boutique d’abbigliamento, ritrovi pseudoalternativi e pasticcerie alla moda. Dei levigati pavimenti di legno e degli alti soffitti dei locali, come dei semplici mobili di legno e di metallo che li arredano, si sono completamente impadroniti i “borghesi chic”, come li definisce Sharon Zukin nel suo saggio Loft Living sulle trasformazioni della cultura, del capitale e della città.
101 Spring Street
101 Spring Street, New York, esterno dell'edificio, 2013. © Judd Foundation. Courtesy Judd Foundation Archives
Lo stile minimalista, il cui nome in quanto tale Judd rifiutava, compare nelle foto d’interni delle riviste internazionali, in case che vanno da New York a Zurigo. Se nel design il Minimalismo ha trionfato, il 101 di Spring Street conserva il tratto di un ambiente originale. Judd vi ha abitato fino alla scomparsa, rinnovandone radicalmente gli interni nel corso dei decenni senza comunque mai completare le ristrutturazioni che l’ex fabbrica tessile richiedeva. Spring Street è stato un contesto cruciale per il lavoro di Judd, che iniziò a creare oggetti inseriti nello spazio che lo circondava.
101 Spring Street
101 Spring Street, New York, 5° piano, 2013. Photo Joshua White. Donald Judd Art © Judd Foundation. Licenza VAGA, New York. © Claes Oldenburg. © Lucas Samaras. Dan Flavin © Stephen Flavin/Artists Rights Society (ARS), New York. Donald Judd Furniture™© Judd Foundation
“Il rapporto tra l’architettura di Spring Street 101, le sue caratteristiche e ciò che ho creato, con le opere collocate lì dentro, è stato la premessa di molte delle mie opere più recenti e più grandi, che coinvolgono totalmente lo spazio”, scrisse l’artista in In Defense of my Work (1977).
I cinque piani di Spring Street divennero stratificazioni dove lavorare, vivere (con i due figli e con la moglie, la ballerina Julie Finch) e divertirsi, intorno al tavolo da pranzo disegnato dallo stesso Judd e alle sedie Zig-Zag di Rietveld. Nella vita come nell’arte Judd prediligeva l’unitarietà di uno [spazio totale]. Aveva già iniziato a sistemare le opere in “modo ragionato, senza fretta” nella sua vasta proprietà di Marfa, nel Texas. Considerava lo spazio che circonda l’opera – con il relativo movimento dell’osservatore – importante quanto la sua essenza fisica. Questa filosofia, nella ricerca dell’“installazione permanente”, è quel che rende unica la casa di Spring Street.
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101 Spring Street, New York, 5° piano, 2013 Photo Joshua White. Donald Judd Art © Judd Foundation. Licenza VAGA, New York. Artwork © John Chamberlain. © Lucas Samaras. Dan Flavin © Stephen Flavin/Artists Rights Society (ARS), New York. Donald Judd Furniture™© Judd Foundation
Mentre l’accuratezza nel collocare gli oggetti in funzione della “contemplazione allo stato puro” ben si armonizza con i principi dello zen giapponese, il pensiero di Judd sulla percezione spaziale deriva invece dai suoi studi sull’empirismo: l’oggetto come forma esperita attraverso il movimento. La presenza della sua arte oggettuale accoglie il visitatore, con la Serie numerica di Fibonacci di alluminio anodizzato (1970) e i cubi di acciaio galvanizzato di un’Opera quadrupla da parete (1988) installate al piano terreno. Queste descrizioni di opere per altro prive di titolo ci ricordano quanto Judd tenesse al materiale: doveva essere solido, magari industriale, e nient’altro: la rappresentazione di una specifica materialità.
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101 Spring Street, New York, 1° piano, 2013. Photo Joshua White. Image © Judd Foundation. Donald Judd Art © Judd Foundation. Licenza VAGA, New York
A Spring Street i materiali dominanti sono il metallo e il legno: l’abete di Douglas, il mogano, il pino dei mobili di Judd ricontestualizzavano il legname delle assi del pavimento. Il gruppo di lavoro della Judd Foundation, sotto la guida dello studio newyorchese Architecture Research Office (ARO) è stato molto attento a conservare l’integrità della visione di Judd, dagli zoccolini di legno ai radiatori a tubi. In più c’era la sfida di adeguarsi agli attuali regolamenti anti-incendio e di sicurezza: Arup ha provveduto al sistema di evacuazione dei fumi, nascosto alla vista in cima all’edificio. 1.300 elementi della decorazione in ghisa della facciata sono stati rimossi per ripararli a cura degli architetti specializzati in conservazione dello studio Walter B. Melvin. I pannelli originali del 1870 sono stati sostituiti con corrispondenti lastre di spesso vetro float lievemente ondulato.
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101 Spring Street, New York, 2° piano, 2013. Photo Joshua White. Image © Judd Foundation. Art © Ad Reinhardt. Donald Judd Furniture™© Judd Foundation.
Judd non si preoccupava solo delle caratteristiche dei materiali, ma anche delle qualità della luce e dell’aria. La “giusta angolatura delle vetrate” dell’edificio è garante delle prime, e l’assenza di pareti interne crea uno spazio a pianta libera in ogni piano, con piccoli bagni e ripostigli ricavati lungo l’interno del muro dell’edificio. Si è dovuto attrezzare un involucro isolato allo scopo di proteggere il valore delle opere d’arte di Judd e di altri importanti minimalisti della sua collezione.
Nell’ingresso ci sono disegni geometrici a matita di Frank Stella, nel corridoio della camera da letto una pala ready-made firmata “Duchamp” e un Red Painting di Ad Reinhardt in soggiorno. Durante la mia vista i tenui colori di un affresco di David Novros erano in corso di ritocco. Nello studio di Judd il volume vuoto incorniciato da cuboidi d’acciaio, un paio di poltrone di Alvar Aalto sullo sfondo delle linee della finestra, una snella scultura di Larry Bell si alza a sinistra. L’equilibrio delle opere è frutto di una regia attenta, come ci si attende da un artista che praticava un livello di controllo quasi megalomane: la mano di Judd pare ancora dirigere lo spazio, anche se l’artista è scomparso.
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101 Spring Street, New York, 4° piano, 2003. Photo Rainer Judd. Judd Foundation Archives. Imamgine © Judd Foundation. Art © Frank Stella. Donald Judd Furniture™© Judd Foundation
A ogni oggetto è attribuita la stessa proporzione, dalla scultura agli oggetti quotidiani: dagli ordinati rettangoli e dalla carta giallastra della scrivania per lavorare in piedi alle maschere africane, alle rare bottiglie di whisky e ai pacchetti di tè Twinings. L’impressione che questi particolari esercitano sul visitatore vanno dall’intimamente personale (la sensazione di intrusione postuma quando si entra in un guardaroba dove stanno appese giacche a righe) all’autocelebrazione: davvero Judd dormiva solo con una scultura a scatola di Lucas Samaras e una lampada da lettura italiana accanto al cuscino, con il paesaggio della città oltre i tubi al neon azzurri e rossi di Flavin? Questo atteggiamento accuratamente conservativo, in linea con le intenzioni di Judd – “Far durare la mia opera, e nella sua condizione originaria” – induce a chiedersi se Judd, dietro la trasparente facciata di Spring Street, non stesse mettendo in scena la sua vita.
O forse che tutto fosse al suo posto: gli scaffali di cucina graduati secondo le dimensioni degli oggetti, con un listello alto due centimetri e mezzo per le posate; una saletta di lettura raccolta in disparte; un sipario di pannelli di legno che crea un teatro dei burattini per i bambini. I mobili di Judd e le addizioni agli interni non sono eleganti, sono angolose, massicce: progetti che mettono al primo posto la funzione. Se ogni piano era il palcoscenico di un elemento di vita e di lavoro – oppure della vita di lavoro – era un palcoscenico funzionale, fatto per durare.
101 Spring Street
101 Spring Street, New York, 2° piano, 2013. Photo Joshua White. Judd Foundation Archives. Immagine © Judd Foundation. Donald Judd Furniture™© Judd Foundation
È come se Judd fosse ancora lì, con il vecchio ascensore che aspetta che esca dal suo spazio di lavoro al terzo piano. E tuttavia, a dispetto dell’inevitabile staticità che questa situazione di conservazione comporta e del restauro che riporta gli spazi alla visione originale di Judd, oggi non c’è nulla di particolarmente anacronistico nell’edificio e nel suo arredamento. L’influsso di Judd sugli arbitri del gusto dell’architettura d’interni, insieme con il precoce  movimento di gentrification di cui questa proprietà è stata partecipe, significa che il numero 101 si inserisce senza soluzione di continuità nel panorama attuale di Spring Street.

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