Processi creativi

Curato da Marina Engel alla British School at Rome, “Meeting Architecture” indaga i rapporti di collaborazione tra musicisti, artisti, cineasti, scrittori e architetti. A partire da Caruso-St John e Demand, esempio molto riuscito di ciò che un architetto e un artista possono produrre.

La collaborazione tra Adam Caruso, Peter St John e Thomas Demand è vista come un esempio molto riuscito di ciò che un architetto e un artista possono produrre quando la loro sensibilità è complementare, e il lavoro è basato su un rispetto e una curiosità reciproche.

Questa recensione della conversazione che hanno tenuto alla British School at Rome, tuttavia si interroga sul perché tale lettura non è necessariamente rassicurante e pacifica, almeno per ciò che riguarda il ruolo dell’architetto in questo rapporto.
British School at Rome
British School at Rome, vista della mostra “Adam Caruso and Thomas Demand, Madame Wu and the Mill from Hell” (29 ottobre – 19 novembre 2013). Primo appuntamento del ciclo “Meeting Architecture”. Photo Daniela Pellegrini
Sulle prime, la mostra “Madame Wu and the Mill from Hell” sembra confermare le aspettative. Le pareti della sala sono rivestite da una stampa che riproduce le tende della mostra alla Neue Nationale Galerie di Berlino del 2009, in cui Caruso e St John hanno risolto il problema di creare degli spazi nel trasparente padiglione miesiano, senza costruire pareti. Questi spazi hanno permesso alle opere di Demand di acquisire distanze e creare sequenze, e in definitiva di evitare il rischio di finire nell’interrato in cui sono spesso esposte le opere bidimensionali che non si acconciano ai pannelli sospesi utilizzati da Mies fin dall’inizio. Per la mostra del 2009, i due architetti inglesi hanno trovato proprio nell’esposizione dei tessuti di Mies e Lilly Reich del 1937 il giusto riferimento storico. Con un grande lavoro di Thomas Demand esposto sul lato lungo della sala, si può ben dire che a Roma sia stata ricreata l’essenza della mostra berlinese.
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British School at Rome, vista della mostra “Adam Caruso and Thomas Demand, Madame Wu and the Mill from Hell” (29 ottobre – 19 novembre 2013). Primo appuntamento del ciclo “Meeting Architecture”. Photo Daniela Pellegrini

Il secondo progetto è la Nagel House, una proposta elaborata in comune per un concorso di arte e architettura a Zurigo. Invece di usare il repertorio dei paesaggisti, dell’arredo urbano, delle trame pavimentate, e soprattutto evitando qualcosa che somigliasse a un progetto di arte pubblica, i tre autori decidono di costruire la replica di una celebre casa cinese che ha resistito alla demolizione, fino a che è rimasta precariamente in bilico su una zolla di terra, per poi venire distrutta. Se questo “stubborn nail”, una specie di chiodo ostinato, rispuntasse in mezzo a Zurigo, si andrebbe a cacciare sotto il grande viadotto di cemento armato che attraversa Escher-Wiss-Platz. La proposta di utilizzarlo per un ristorante cinese, e di appendere le lampade di carta all’intradosso del viadotto finiscono di sostanziare una strategia molto chiara.

Il progetto non è stato realizzato, dopo essere stato approvato e pagato, perché i suoi oppositori hanno giocato bene le proprie carte sul tavolo della burocrazia e dei media, fino a che un referendum popolare lo ha definitivamente seppellito, seppure con un margine molto risicato.

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British School at Rome, vista della mostra “Adam Caruso and Thomas Demand, Madame Wu and the Mill from Hell” (29 ottobre – 19 novembre 2013). Primo appuntamento del ciclo “Meeting Architecture”. Photo Daniela Pellegrini
Il terzo progetto sembra più convenzionale: dopo anni di fruttuose collaborazioni, l’artista incarica gli architetti di ristrutturargli una casa fuori Berlino, a Hellmuhele. A rafforzare questa impressione, il progetto è presentato con le belle foto in bianco e nero di Hèléne Binet, e due volumi di impeccabili disegni esecutivi.
British School at Rome
British School at Rome, vista della mostra “Adam Caruso and Thomas Demand, Madame Wu and the Mill from Hell” (29 ottobre – 19 novembre 2013). Primo appuntamento del ciclo “Meeting Architecture”. Photo Daniela Pellegrini

La mostra inizia a rivelare la sua complessità nella stanza accanto, durante le due ore di una conversazione moderata da Mario Codognato, autorevole e suadente curatore italiano.

Tutti e tre i progetti, nella differente natura delle collaborazioni, sfidano la pretesa dell’architettura di dare forma a un ambiente, nel momento stesso in cui ci riescono così bene. È importante non equivocare questo punto: è precisamente perché il lavoro di Caruso e St John è così specifico di grande qualità, che il dilemma si presenta in tutta la sua chiarezza, quasi filosofica.

Per prima c’è la questione dell’allestimento. Adam Caruso ha raccontato la storia dei rapporti iniziati con la richiesta da parte di Thomas Demand di risolvere il problema della mostra alla Fondation Cartier; di nuovo un edificio trasparente, e il rischio di essere confinati nelle sale dell’interrato.

British School at Rome
British School at Rome, vista della mostra “Adam Caruso and Thomas Demand, Madame Wu and the Mill from Hell” (29 ottobre – 19 novembre 2013). Primo appuntamento del ciclo “Meeting Architecture”. Photo Daniela Pellegrini

Problem Solving è il titolo di un breve testo dell’architetto che si può leggere sulle pareti della mostra romana. Non è un segno di falsa modestia, il più delle volte il problema da risolvere è l’assenza di “spazio”. A Palazzo Pitti le sale riccamente decorate e “intoccabili” suggeriscono la costruzione di una serie di mobili fuori scala come dispositivi per l’esposizione. Nella Kunsthaus di Bregenz di Zumthor, le tende sono movimentate per creare un recinto nel campo aperto della galleria.

Durante la conversazione, Demand si lamenta che gli architetti (in generale, ma non quello che gli siede accanto), vedano l’opera d’arte come un oggetto in una stanza e non come una idea. L’abilità di Caruso e St John di trovare la soluzione senza fare ricorso a elementi architettonici convenzionali potrebbe essere una ragione per cui lavorare insieme. Per usare le parole dell’artista: “Ho smesso di stare lì a ponderare, e gli ho lasciato fare la loro parte. I risultati sono stati per lo più sconcertanti e mi hanno dato da pensare a lungo, anche se credo di avere colto la proposta fin dall’inizio”.

British School at Rome
British School at Rome, vista della mostra “Adam Caruso and Thomas Demand, Madame Wu and the Mill from Hell” (29 ottobre – 19 novembre 2013). Primo appuntamento del ciclo “Meeting Architecture”. Photo Daniela Pellegrini
La casa è una situazione più normale? Non del tutto. Demand dice di amare la località, ma che non aveva bisogno di una casa di campagna; non è sicuro di come usarla, e in definitiva per lui non è una casa privata. Il progetto non risulta semplice anche per altre ragioni: la struttura originale del mulino è lì da secoli, ma durante il Nazismo gli viene imposto un aspetto “rustico” che però adesso le autorità della tutela vogliono preservare. Questo paradosso non scoraggia i progettisti che disfano sottilmente la fabbrica, mentre la restaurano in superficie.
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British School at Rome, vista della mostra “Adam Caruso and Thomas Demand, Madame Wu and the Mill from Hell” (29 ottobre – 19 novembre 2013). Primo appuntamento del ciclo “Meeting Architecture”. Photo Daniela Pellegrini

E infine si può discutere la Nagel House, e la sua “mossa del cavallo” sulla scacchiera dello spazio pubblico. Una proposta che mette in discussione l’arroganza dell’architettura e delle pratiche convenzionali dell’arte pubblica, finisce per creare più attrito. Basta la mancanza di senso dell’umorismo della destra populista Svizzera per spiegare la sconfitta di questo intelligente progetto? È necessario visualizzarlo, costruito e dopo qualche tempo, quando la peculiare giacitura della casa sotto il viadotto avrebbe suggerito ai passanti che non conoscono la storia che quella casa in qualche modo generica precedesse l’infrastruttura, come nell’originale riferimento cinese.

In Italia abbiamo una grande abbondanza di queste situazioni, spesso involontarie. Non lontano dalla British School, il sito del Museo MAXXI progettato da Zaha Hadid fu creato nel 1998 dal ritaglio disinvolto di due caserme. Dentro l’involucro del museo è rimasta intrappolata una casa abitata da ostinati inquilini dell’esercito italiano. Può sembrare un parallelo della Nagel House, perfettamente riuscito, perché non progettato. L’architettura è molto presente come questione disciplinare in questa collaborazione, precisamente perché è assente.

British School at Rome
British School at Rome, vista della mostra “Adam Caruso and Thomas Demand, Madame Wu and the Mill from Hell” (29 ottobre – 19 novembre 2013). Primo appuntamento del ciclo “Meeting Architecture”. Photo Daniela Pellegrini
C’è stato anche altro nella conversazione. Adam Caruso ha parlato eloquentemente della retorica moderna della trasparenza, e del suo tentativo di ristabilire la fondamentale dialettica tra interno ed esterno. L’interminabile discussione sugli spazi per l’arte è stata aggiornata con illuminanti confronti presi dall’esperienza nella progettazione delle gallerie private, e dalla differenza con il complesso palinsesto creato, ad esempio, nel Notthingham Contemporary.
British School at Rome
British School at Rome, vista della mostra “Adam Caruso and Thomas Demand, Madame Wu and the Mill from Hell” (29 ottobre – 19 novembre 2013). Primo appuntamento del ciclo “Meeting Architecture”. Photo Daniela Pellegrini
Sarà interessante seguire il resto del programma “Meeting Architecture”, curato da Marina Engel in collaborazione con il Royal College of Art, nella speranza che fornisca aperture critiche come questo primo appuntamento, senza far mancare accanto a brillanti dialoghi, seducenti installazioni. Il programma si svilupperà nei prossimi anni con sei prime date già fissate, che propongono ancora architettura (Reinier De Graaf), ancora arte (Vivien Lovell), cinema e architettura (Amos Gitai), architettura e musica (David e Peter Adjaye, Cecil Balmond e Daniel Libeskind). Altri eventi che coinvolgeranno Eric Parry e Richard Deacon, Wouter Vanstiphout, Richard Sennett, Thomas Schütte, Alfredo Pirri dimostrano che si attinge, anche se non esclusivamente, alla ricca scena culturale britannica. L’ambizione del programma riflette il ruolo che la British School ha assunto nel panorama romano, come sede di eventi dell’architettura e di altre discipline.
British School at Rome
British School at Rome, vista della mostra “Adam Caruso and Thomas Demand, Madame Wu and the Mill from Hell” (29 ottobre – 19 novembre 2013). Primo appuntamento del ciclo “Meeting Architecture”. Photo Daniela Pellegrini

Fino al 19 novembre 2013
Madame Wu and the Mill from Hell
Meeting Architecture. Architecture and the Creative Process

British School at Rome
Via Gramsci 61, Roma

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