Everything Loose Will Land

La mostra, che trae il titolo da una battuta di Frank Lloyd Wright, analizza il rapporto tra l'architettura e le altre arti nella Los Angeles degli anni Settanta.

“Everything Loose Will Land”, la mostra aperta alla Schindler House, West Hollywood, fino al 4 agosto, analizza la fluidità del rapporto tra l’architettura e le altre arti nella Los Angeles degli anni Settanta. A cura di Sylvia Lavin, la mostra trae il titolo (e la sua sottile ironia) da una battuta attribuita a Frank Lloyd Wright: “Date un colpetto al fianco del mondo e tutto quel che non è ben fissato cadrà a Los Angeles”.
Everything Loose Will Land
In apertura e sopra: “Everything Loose Will Land”, vista della mostra al MAK Center, Schindler house di Los Angeles. Photo Joshua White
Su carta i contenuti di questa mostra si collocherebbero su tutti e quattro i margini del testo principale, spesso nella parte riservata alle note a pie’ di pagina. Ciò che fa di “Everything Loose Will Land” una mostra riuscita e appassionante è che evita di proporsi come una panoramica di opere straviste di artisti e architetti stravisti. Le didascalie che recano i nomi degli autori dei progetti esposti talvolta non mancano di oscurità, ma anche quando è vero il contrario (Bruce Nauman, Ed Ruscha, Eric Owen Moss, Denise Scott Brown e altri sono in bella evidenza) è ovvio che “Everything Loose Will Land” è un’indagine molto più profonda su rapporti meno noti.
Everything Loose Will Land
“Everything Loose Will Land”, vista di alcune opere in mostra al MAK Center, Schindler house di Los Angeles. Photo Joshua White
Sia detto a suo merito, la mostra non ha paura di apparire corposa, intelligente e articolata con passione accademica. Il presupposto pare essere che l’ovvio sia noto o comunque facilmente accessibile al visitatore: una ricerca su Google con lo smartphone è una cosa che ci si può ragionevolmente aspettare da un frequentatore di mostre di oggi. Molte delle opere in mostra fanno la loro prima apparizione in pubblico. Perciò, date tutte le nuove informazioni che la mostra fornisce, è sorprendentemente facile perdercisi, senza per questo sentirsi sperduti.
Everything Loose Will Land
“Everything Loose Will Land”, vista della mostra al MAK Center, Schindler house di Los Angeles. Photo Joshua White
“Everything Loose Will Land”, divisa in quattro sezioni, è imperniata su Luci, Processi, Utenti e Ambienti dell’epoca in esame. Prendiamo una parola come ‘utenti’. Ovviamente è familiare e ricca di significati quanto il termine loose, ‘non fissato’, ‘sciolto’, che compare nel titolo della mostra: come in “versi sciolti”, “gesti sciolti”, “cani sciolti”. È una scelta intelligente e inconsueta classificare, per esempio, Frank Gehry e Judy Chicago in una categoria come questa, non solo perché si tratta di un accostamento non ovvio ma anche perché la categoria può sembrare liquidatoria. Ma in fondo non è liquidatoria né nei confronti degli artisti/architetti in questione né in quelli della loro opera, e gioca sull’interessante tema della ‘scioltezza’ – non meno di quanto faccia Los Angeles in quanto polo culturale – che circola in tutta la mostra.
Everything Loose Will Land
“Everything Loose Will Land”, vista di alcune installazioni in mostra al MAK Center, Schindler house di Los Angeles. Photo Joshua White

Per esempio Lavin presenta Judy Chicago in collaborazione con l’artista Miriam Shapiro con altre ricercatrici e artiste del Feminist Art Program del California Institute of the Arts (CalArts). È ben noto che nel 1972 Chicago, Shapiro e altre stabilirono la sede del loro progetto artistico Womanhouse in una casa abbandonata di Hollywood, destinata alla demolizione. Womanhouse, che ospitò installazioni e performance per tre mesi, è un simbolo dell’arte femminista spesso citato come punto di riferimento, come in una tiritera rituale.

Includendolo in “Everything Loose Will Land” Lavin formula la spinosa domanda sui motivi per cui nel repertorio canonico dell’architettura praticamente il progetto non compare, pur essendo l’architettura parte dell’idea complessiva.

Everything Loose Will Land
“Everything Loose Will Land”, vista di alcune installazioni in mostra al MAK Center, Schindler house di Los Angeles. Photo Joshua White

Con un tono un po’ differente ma sotto lo stesso titolo Lavin presenta la collaborazione del 1977 tra Frank Gehry e Ed Ruscha, attraverso il progetto, l’alzato e la pianta di Casa Ruscha. Lavin pone subito il visitatore di fronte al fatto che Ruscha si considera il progettista della casa, e vede i relativi schizzi di Gehry come la prova del ruolo di assistenza tecnica dell’architetto, prestata gratuitamente.

Il progetto è un ulteriore, interessante sguardo a Gehry prima che diventasse Gehry, nonché un sostanzioso contributo alla conoscenza dell’antico rapporto personale tra i due attuali padroni di casa. E si tinge anche di pettegolezzo architettonico, con il suo scenario unico per la California meridionale: un sito desertico privo di indirizzo, che Ruscha scovò dal finestrino di un elicottero. I disegni di Ruscha usano le coordinate topografiche e i codici catastali per indicare la posizione, che all’epoca aveva la stessa identità di un albero caduto in mezzo a un bosco.

Everything Loose Will Land
“Everything Loose Will Land”, vista di alcune installazioni della mostra al MAK Center, Schindler house di Los Angeles. Photo Joshua White

Sia Womanhouse sia i progetti di Casa Ruscha mostrano una Los Angeles degli anni Settanta che non era tutta visibile a occhio nudo, per non parlare di chi osservava la città dall’esterno. Per molti aspetti questa Los Angeles ‘invisibile’ oggi è ancora sotto gli occhi di tutti: una supermetropoli affollata, paradossalmente invasa da aree abbandonate e da spazi effimeri privi di identità.

Il carattere temporaneo di Los Angeles e i suoi confusi, confini in espansione sono sempre stati molto adatti ai contatti schizofrenici, talvolta inavvertiti, tra architetti e artisti locali. Sottolineando questo fatto lo spirito di “Everything Loose Will Land” si presenta necessariamente lontano da ogni nostalgia e saldamente radicato nel presente. In realtà non si tratta tanto di una mostra su ciò che Los Angeles era, quanto di un suggerimento sul modo in cui un passato importante ha dato forma a ciò che Los Angeles è.

Everything Loose Will Land
“Everything Loose Will Land”, vista di un'opera in mostra al MAK Center, Schindler house di Los Angeles. Photo Joshua White

Tra le numerose mostre che ho visitato alla Schindler House questa usa lo spazio fisico in modo interessante e inatteso. “Everything Loose Will Land”, senza timore di invadere tutta la varietà degli spazi della sede, riunisce in ciascuna sala una reazione a catena di informazioni, senza nulla togliere, dal punto di vista formale, alla palese discrezione dello spazio preesistente.

La mostra si espande all’esterno con tre grandi pezzi di scultura: Senza titolo (Triangolo equilatero) di Bruce Nauman, un’installazione di Bloxes di Jef Raskin (blocchi da costruzione modulari di cartone, che parecchi visitatori si portano a casa come souvenir della mostra) e una sezione di Curved Space Playground Structure di Peter Jon Pearce, un complicato spazio semisotterraneo fatto di policarbonato e alluminio.

Everything Loose Will Land
“Everything Loose Will Land”, vista di alcune opere in mostra al MAK Center, Schindler house di Los Angeles. Photo Joshua White

Anche se richiede che i visitatori facciano lavorare parecchio il cervello “Everything Loose Will Land” ha una concretezza notevole: la presenza fisica è una componente importante in una mostra interamente dedicata alla presenza fisica. Attendo di sfogliare il volume a colori di 272 pagine, di prossima pubblicazione, che accompagna la mostra e promette di andare ancor più a fondo nella rivelazione dei retroscena. Date un colpetto al fianco del mondo e vedrete che sarà come se le digressioni più interessanti, considerate “troppo marginali” per l’arte e l’architettura delle altre esposizioni, fossero cadute in questa mostra.


fino al 4 agosto 2013
Everything Loose Will Land
MAK Center, Schindler House,
Kings Road 835
West Hollywood, Los Angeles

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“Everything Loose Will Land”, vista di un'opera mostra al MAK Center, Schindler house di Los Angeles. Photo Joshua White

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